martedì 24 febbraio 2009

El Tunel

“...Fu un'attesa interminabile. Non so quanto tempo passò sugli orologi, quanto di quel tempo anonimo e universale degli orologi, che è estraneo ai nostri sentimenti, ai nostri destini, alla nascita ed al crollo di un amore, all'attesa della morte. Ma il mio tempo si consumò invece in una quantità immensa e complicata, pieno di oggetti e ritorni, un fiume a volte scuro e tumultuoso, a volte calmo , quasi un mare immobile e perpetuo dove io e Maria ci trovavamo l'uno difronte all'altra contemplandoci esteticamente, ed altre volte tornava ad essere un fiume e ci trascinava, come in un sogno, a tempi d'infanzia; ed io la vedevo correre sfrenata sul suo cavallo, con i capelli al vento e gli occhi rapiti, mentre io mi vedevo al mio paese del sud, nella mia stanza , malato, con la faccia stampata sul vetro della finestra, guardando la neve anche io con occhi rapiti... Ed era come se tutti e due stessimo vivendo in cunicoli o gallerie parallele senza sapere che andavamo l'uno accanto all'altro come anime affini in tempi affini, per incontrarci al finale di questi passaggi, davanti ad una scena da me dipinta come fosse una chiave destinata a lei soltanto, quasi un segreto annuncio per dirle che io ero lì, e che finalmente i cunicoli si erano uniti ed il momento dell'incontro era giunto. Il momento dell'incontro era giunto!
Ma i nostri percorsi si erano infine uniti e le nostre anime avevano realmente comunicato? Quale mia stupida illusione era stato tutto questo!NO, LE NOSTRE GALLERIE CONTINUAVANO PARALLELE ANCHE SE ORA IL MURO CHE CI SEPARAVA ERA COME UNA PARETE DI CRISTALLO ED IO POTESSI VEDERE MARIA COME UNA FIGURA SILENZIOSA ED INTOCCABILE...
No, neanche quel muro era sempre così: a volte tornava ad essere di pietra nera ed allora io non sapevo cosa succedesse dall'altra parte, cosa fosse di lei in quelli intervalli anonimi, quali strani eventi si succedevano; e perfino pensavo che in quei momenti il suo viso cambiava ed una smorfia di scherno lo deformava e che forse vi erano risate scambiate con un altro e che chissà la storia delle gallerie non fosse altro che una mia convinzione, od una mia invenzione e che in ogni caso vi era solo un'unica galleria, oscura e solitaria: la mia, il tunnel, nel quale avevo trascorso la mia infanzia, la mia gioventù, tutta la mia vita...
Ed in uno di quei pezzi trasparenti di muro io avevo visto quella donna ed avevo ingenuamente creduto che lei camminasse in una galleria parallela alla mia, mentre in realtà lei apparteneva al mondo largo ed ampio, il mondo senza limiti di quelli che vivono al di fuori dei tunnel; e forse lei si era solo avvicinata per curiosità ad una delle mie strane finestre ed aveva appena intravisto lo spettacolo insalvabile della mia solitudine, o l'aveva intrigata il muto linguaggio, la chiave del mio quadro.
E allora, mentre io avanzavo sempre nel mio cunicolo, lei viveva fuori la sua vita normale, la vita agitata che trascorrono quelli che vivono al di fuori, quella vita curiosa ed assurda nella quale ci sono balli, e feste ed allegrie e frivolezza...
E a volte succedeva che quando io passavo davanti ad una delle mie finestre lei stava lì ad aspettarmi muta e silenziosa (ma perché mai mi aspettava?
E perché mai muta e silenziosa?); altre volte invece lei non arrivava in tempo o chissà si dimenticava di questo povero prigioniero ed allora io con la faccia spalmata sul cristallo delle mie pareti la vedevo da lontano sorridere senza preoccupazioni e ballare , o peggio ancora non la vedevo affatto, ed allora la immaginavo in luoghi inaccessibili e dolorosi...
E ALLORA SENTI' CHE IL MIO DESTINO ERA INFINITAMENTE PIU' SOLITARIO DI QUANTO AVESSI MAI IMMAGINATO....”

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